Lights
PER NON DIMENTICARE
Home
IL LAVORO
Home
QUA E LA
Home
I PROGETTI
Home
INCIDERE
Home
LE EDIZIONI E I DISEGNI
Home
COSA BOLLE IN PENTOLA
Home
LA RETE
Home

Libri e libri

(14.06.2014)
Perfetto nelle dimensioni, lo tieni bene tra le mani, lo apri con piacere, lo sfogli e le pagine di carta, morbida al tatto, con giusto nerbo si offrono alla vista con bei margini equilibrati.
Sempre parlando di carta, non c'è traccia di patinatura, ma si sente la cellulosa sotto le dita.
L'apertura è perfetta senza la necessità di faticare per leggere quanto finisce nella parte della legatura. Anche la legatura è ben cucita, giustamente stretta ma con il dorso morbido e flessibile.
Questo è il libro che mi piace leggere e consultare.
Perché questa difesa del libro?
Per spiegare che nessun libro letto su un video potrà mai essere paragonato o anche solo lontanamente confrontato con un vero libro.
Nostalgia di tempi andati o residui del piacere di un gusto che va lentamente scomparendo?

Gusto

(14.06.2014)
Divertente, ieri ho scritto menu e oggi scrivo gusto.
Niente a che fare con vivande e cibi. Il menu è semplicemente un indice e gusto si riferisce al senso del bello che ha a che fare con gli occhi, anziché col palato. Ma a anche a che fare molto con lo spirito.
Il gusto è sicuramente qualce cosa di indefinibile e, comunque, molto soggettivo. è legato all'epoca, alla moda. Gusti che andavano bene o erano graditi nel 1920, gusti liberty, sono oggi guardati con sufficienza.
Restano però in ogni scelta delle basi di ordine, pulizia, organizzazione, restano delle regole.
Sul web tutto questo viene cancellato. Persone che non hanno nessuna idea di cosa sia ordine o organizzazione o, come lo definisco io, gusto, preparano pagine assolutamente illeggibili e gradatamente il gusto generale decade e peggiora di giorno in giorno.
Bello era quando chi sapeva faceva e veniva guardato con ammirazione e veniva imitato!

Menu

(14.06.2014)
Non siamo al ristorante, non leggiamo flan di formaggio o bucatini all'amatriciana.
Stiamo parlando di qualche cosa da leggere, uno strumento che ci permette di ricavare delle informazioni.
Perché, allora chiamarlo menu e non più appropriatamente indice?
E poi perché spargerlo a pezzi su tutta la pagina? Un buon indice è costituito da un unico blocco di informazioni, diviso per alfabeto o, eventulamente, per temi. Non sarebbero più logici allora due indici, uno per temi e uno alfabetico? Cosa rappresenta, in fondo la site map, se non la voglia di far vedere quello che contiene il sito, ma costrigendoci a percorrere tutte le voci per trovare quello che cerchiamo? Sempre con il solito paragone con la stampa, le uniche parti che restano lontane dall'indice o, se prendiamo a modello una rivista, dal sommario, sono l'indirizzo dell'editore e quello dello stampatore, quella parte che una volta venva indicata come colophon.
Vero è che anche le riviste, le meno qualificate, presentano oggi sommari inutili e illeggibili, ma se ci facciamo guidare dalle buone riviste, vediamo che il sommario è sempre chiaro.
Dobbiamo comunque diffrenziare un prodotto che viene acquistato abitualmente, magari settimanalmente, da un prodotto "mordi e fuggi" come la pagina internet: la rivista la impariamo, diventa la nostra rivista e sappiamo a memoria dove trovare le cose; non così la pagina internet.
Farò uno stupido esempio: libretto di istruzioni dell'auto, indice alfabetico degli argomenti. Cerco i tergicristalli, niente; li cerco sotto lavavetri, niente; dopo lungo sfogliare li trovo sotto la voce interruttore. Questo per dire che anche un ordine alfabetico può essere inutile, se malfatto.
Così come un menu o meglio un indice di un sito.
Proviamo a pensarci.

Impertinente

(14.06.2014)
Leggo un libro del solito luminare, professore, elogiato, osannato, onnipresente esperto di tutto e soprattutto di comunicazione.
Mi imbatto in alcune parole di cui viene fatto un uso che dovrei definire disinvolto se non fosse proprio sbagliato.
Si legge, dietro, un tentativo di voler mostrare la prorpia erudizione, rifacendosi al latino, chiamando in causa pensatori del passato; ma usare "luogo comune" per una definizione che si vuol mostrare come importante, mi sembra proprio fuori posto; luogo comune ha, oggi, una connotazione negativa; si può vedere cosa ne pensa il Devoto-Oli. Quindi, se voglio dire che quel concetto è importante, non lo definirò luogo comune.
A seguire "impertinente" nell'accezione di "non pertinente"; vero che se ne consideriamo la derivazione latina, possiamo anche attribuirgli questo significato, ma il concetto comune di impertinente si riferisce a una risposta o a un attegiamento negativo, di insubordinazione e non di qualche cosa che è fuori dall'interesse del momento, che definiamo, di solito, "non pertinente".
Una bella differenza.
Infine l'esempio con la mamma che apostrofa il bambino, che tenta di mettere una mano sulla torta, con la parola "cacca"; quando mai un genitore indica una torta con l'appellativo di "cacca", per indurre il bambino, naturalmente a rifiutarla; poi, però, lo stesso genitore ne taglia belle fetta e le da da mangiare al bambino e se le mangia lui.
In futuro quel bambino avrà capito che la cacca non si tocca, ma si mangia?
Ma chi ha insegnato l'italiano, la comunicazione, e non solo, a costui?

Libertà senza regole?

(14.06.2014)
Non sto parlando di politica, ma più semplicemente di un dibattito in atto sul concetto di "Content Management System" o, più italianamente, sistema di gestione dei contenuti.
Chi propaganda questo prodotto propone la possibilità, per tutti, di gestire il contenuto di un sito web con la massima libertà. Quindi metto testo, immagini, colori e quant'altro come voglio.
Ottimo, si pensa. Un bel progresso e un bel risparmio.
Dall'altro lato c'è chi ha faticosamente creato l'immagine del sito. Ha studiato caratteri, corpi e colori, posizionamento e qualità delle immagini per fare in modo che il sito rispecchi esattamente l'identità dell'azienda. In fondo il sito è la faccia con cui l'azienda si presenta, e guardare una faccia ci serve spesso a giudicare la persona.
Due posizioni e due visioni completamente diverse, anzi opposte.
E, naturalmente, due approcci al problema completamente diversi.
Da un lato la poca considerazione che si ha dell'immagine aziendale, l'idea di un ipotetico risparmio e l'illusione di essere i proprietari del mezzo tecnico che ci permette di pubblicare tutto quando o desideriamo, senza dipendere da nessuno.
Sarebbe una visione corretta se sapessimo rispettare le regole dell'immagine aziendale senza lasciarci prendere dalla creatività del momento. Come alla mattina si sceglie camicia, cravatta, vestito intonati così l'immagine aziendale ha bisogno di mantenere il suo aspetto.
Dall'altro il grafico che, se capace e professionale, sa prevedere casi ed esigenze e, di conseguenza, non esiste la necessità di lasciare una sempre pericolosa libertà alla creatività.

Quale dunque la visione corretta?

Il menu a destra

(14.06.2014)
Disputa non ancora divampata, ma che sta covando sotto la cenere.
Mettere un menu a destra anziché nella sua tradizionale posizione di sinistra sembra essere la nuova tendenza nella costruzione dei siti.
Il motivo?
Facendo prove ed esperimenti sembra che la posizione risulti più comoda per la navigazione. In effetti abbiamo a destra la barra di scorrimento e, se vogliamo cambiare menu, dobbiamo portarci con il mouse completamente sulla sinistra, mentre con questo nuovo metodo abbiamo accesso immediato la menu.
Le precedenti teorie posizionavano il menu sulla sinistra perché, considerata la dimensione dei monitor, c'era il rischio che il menu risultasse fuori dallo schermo e quindi invisibile o difficilmente raggiungibile.
Con le nuove dimensioni dei monitor questo problema è completamente superato e, provando ad usare un sito con il menu a destra ci si accorge della maggior fruibilità.
Senza tralasciare di considerare la miglior leggibilità ed evidenza del testo che non viene disturbato dalla colonna del menu.
Insomma una bella innovazione, se riuscirà ad essere accettata

Carattere o font?

(14.06.2014)
Mi trovo davanti ad una proposta di logotipo: due pagine di una stessa parola realizzata con diverse font. Sembra un catalogo della vecchia Letraset. Nessun motivo specifico per la scelta di un font o di un altro. Sembra ci sia solo il gusto di "vedere come vengono".
Una volta ci si riferiva al carattere, forse pensando che ogni carattere avesse un proprio carattere. La parola carattere mi sembra molto più adatta a definire il disegno di un alfabeto. Viene dato un significato nascosto alle parole prima ancora che queste vengano lette. Nei casi più semplici un significato di eleganza, di forza o di frivolezza tanto per citare alcune delle sensazioni più comuni che un carattere può suscitare. Un po' come incontrare una persona e riceverne la prima impressione, un poco del suo carattere, dal suo aspetto.
Mettere tante font una sotto l'altra senza ragionare è come dire che non abbiamo nessun interesse all'aspetto estetico.
Potrei paragonarlo alla scelta di un attore per un film tirato a sorte senza preoccuparsi del suo aspetto.
Scegliere un carattere è, al contrario, un lavoro di indagine, vorrei dire, psicologica, una scelta ragionata e motivata.
Bisogna conoscere i caratteri e amarli e capirli, per poter fare la giusta scelta.
Come spesso non siamo in grado di capire i nostri simili, così talvolta non riusciamo a capire i caratteri.
Ecco perché mi piace di più chiamarli caratteri e non con il termine font che indica un qualche cosa di meccanico senz'anima, una fusione, appunto e non il disegno e il pensiero che ci stanno dietro.

Suscettibile

(14.06.2014)
A proposito di "ce lo dico alla maestra" credo di aver trovato la giusta definizione per questo tipo di persone.
Un dizionario dice:
Suscettibile: detto di persona, che è molto sensibile e che si offende facilmente, anche quando non avrebbe motivo alcuno per adontarsi.
e nei sinonimi: facile a offendersi, permaloso, ombroso
Ma cosa causa la suscettibilità?
Non sono uno psicologo e non so scoprire le cause recondite di simili comportamenti.
Paura degli altri? Sovrastima di se? Incapacità di accettare le idee degli altri?
L'incapacità di ascoltare le idee degli altri è, probabilmente, una conseguenza dell'aver paura di non saper difendere le proprie idee.
Non saper difendere le proprie idee è dovuto a poca fiducia nelle idee stesse o, peggio, a mancanza di preparazione per difenderle.
Le idee che nascono su solide basi sono facilmente difendibili.
Per alcuni c'è forse anche l'incapacità di accettare le idee degli altri, quando siano migliori delle proprie.
Forse un po' di umiltà può essere il miglior rimedio alla presunzione o all'ignoranza.

Ce lo dico alla maestra

(14.06.2014)
Non mi sono mai piaciuti i bambini "ce lo dico alla maestra". Quei bambini che per ogni cosa coinvolgono gli adulti sperando così di essere da loro protetti.
Perché lo fanno?
Perché non sono in grado di difendersi da soli, perché hanno paura, perché vogliono mettere in cattiva luce i compagni.
Qualunque sia il motivo, sanno rendersi antipatici.
Purtroppo questo atteggiamento non si limita all'infanzia, momento in cui la cosa potrebbe essere scusabile.
Da adulti si comportano allo stesso modo, ma qui la motivazione è proprio quella di mettere in cattiva luce i colleghi di lavoro.
Se talvolta il ricorso ai superiori dovesse rivelarsi indispensabile, dovrebbe avvenire dopo essere stato preceduto da un chiarimento a livello interpersonale, im modo da trovare le motovazioni dei comportamenti e smussare gli eventuali spigoli.
Solo così si può parlare di lavoro di gruppo, spirito di collaborazione e tante altri bei modi di lavorare.
Rivolgersi ai superiori non fa altro che creare tensioni, inutili motivi di astio, sentimenti che arrivano alla fine all'odio.
Il lavoro di gruppo è, al contrario, spirito di collaborazione, non per coprire eventuali errori degli altri, ma per aiutare a prevenirli ed eventualmente collaborare a corregerli e per dare il proprio apporto allo sviluppo.
Ascoltare gli altri è la premessa per il lavoro di gruppo.
Quanti sono capaci di lavorare in gruppo?

Guarda, vedi, capisci

(14.06.2014)
Veni,vidi,vici... arriviamo su un sito, lo guardiamo, lo vediamo e riusciamo a capire cosa ci deve dire.
E' la vittoria, ma non la nostra vittoria, bensì la vittoria di chi ha fatto il sito, di chi l'ha pensato, di chi ne ha fatto i concetti.
Penso che questo sia, in fondo, il concetto dell'usabilità. Ma anche il successo di un sito.
Come misurare l'usabilità?
Non credo molto ai cosiddetti "panel": sono persone cui viene affidato un compito preciso. Ad esempio andare sul sito e cercare un determinato prodotto o servizio, mentre ritengo che il pubblico, l'utente, quando arriva sul sito, debba innanzitutto capire quello che il sito offre. Nessuno c'è alle saplle a dirgli cosa deve cercare, ma è la pagina iniziale, il testo introduttivo, i menu, che gli devono dire cosa può cercare e cosa può trovare.
Quindi sulla home nessuna illusione, ma neppure niente di nascosto o di supposto. Informazioni chiare, semplici, immediate.
Dovremmo chiamare tutto questo "comunicazione" e, sicuramente, viene ancora prima sia come scelte che come importanza, di qualunque concetto di usabilità.
Quando la comunicazione è chiara, probabilmente abbiamo già percorso più di metà strada verso il traguardo dell'usabilità.
Idee un po' contrarie ai canoni dell'usabilità, ma preferisco avere idee mie piuttosto che adeguarmi agli accademici, senza pensare.

Presunzione o ignoranza?

(14.06.2014)
Scopro su questo stesso spazio per blogger uno che conosco.
Si definisce esperto.
A prescindere (come diceva il barone De Curtis) dal fatto che il suo blog è costituito da link a notizie sparse sulla rete, motivo per cui lo definirei un "digest" pittosto che un blog, si evince (devo necessariamente usare parole auliche) che questo esimio signore si interessa di navigabilità e usabilità anche senza avere sue idee originali.
Allora navigo un poco tra le sue realizzazioni e che ti scopro?
I peggiori siti che abbia navigato da qualche tempo a questa parte. Siti dove anche Cristoforo Colombo avrebbe fatto naufragio durante la navigazione, siti non testati su alcun browser, siti dove la usability è un optional anche per i più abili. Che abbia interpretato "us ability" cioè "la nostra abilità"?
Sono siti dove ognuno fa a gara per vedere il proprio quoziente di fantasia nello scoprire come si naviga?
Con somma tristezza e sconforto devo riconoscere che, nonostante questi presupposti, tutti lo ossequiano e lo osannano.
Cosa verrà fuori da gente che impara da lui?

Funghi

(14.06.2014)
Ma che c'entrano i funghi con la logica?
Assolutamente niente, verrebbe da dire. Invece il sottile filo che collega logica e fungo sta nella perdita di identità di ogni cosa. Poca logica per fare tutto velocemente, senza troppo pensare, poco sapore di fungo per raccoglierne di più, subito, in posti anche non adatti.
Mi hanno regalato un fungo e, dopo anni in cui non avevo più trovato funghi decenti, con un vero sapore di fungo, mi sono detto che forse finalmente avrei mangiato qualche cosa di buono. Le premesse c'erano tutte: raccolto da una persona che conoscevo, quindi non in Perù o in Cina, fresco, sodo e, sembrava, anche profumato.
Come mangiarlo al meglio? Un buon piatto di tagliatelle fresche avrebbe fatto al caso. Detto fatto ecco le tagliatelle fatte in casa, pronte per essere buttate nell'acqua bollente. Il fungo accuratamente pulito, senza lavarlo, tagliato a fettine e messo in padella con oglio e aglio e prezzemolo. Ma, sorpresa, dalla padella non veniva alcun profumo. Cotte le tagliatelle, condite con il fungo, la grande delusione: nessun sapore.
Mi chiedo se sono io che ho perso la sensibilità ai sapori, se mi hanno dato un fungo raccolto chissà dove o se neppure i funghi sanno più fare il loro mestiere che è quello di allietare i palati con il loro gusto.

ancora la Logica

(14.06.2014)
Logica è, per definizione, la possibilità di ottenere un risultato partendo da cose note senza la necessità di ulteriori informazioni.
Una definizione minima, sicuramente molto riduttiva, ma che ben si adatta a tante situazioni della vita e, nel nostro caso, del web.
Ci sarà capitato di acquistare un biglietto a una macchinetta automatica: le nostre conoscenze si limitavano alla destinazione. Abbiamo dovuto avere delle informazioni ulteriori, che le istruzioni sulla macchina hanno dovuto fornirci: cosa premere per fare la nosztra scelta, come mettere le monete, come confermare o correggere.
Se invece preleviamo dei soldi da un bancomat, le informazioni di cui disponiamo sono molto più ampie: sappiamo già cosa premere, come confermare e come correggere.
Questo perché le necessarie conoscenze sono diventate ormai patrimonio comune, sono veramente conoscenze nel senso dell'etimologia della parola cum e scio cioé conoscere insieme.
Ecco che diventa facile e immediato prelevare dei soldi, mentre per acquistare il biglietto dobbiamo ancora imparare molte cose, cioé aumentare la nostra conoscenza.
Quando anche queste macchine useranno gli stessi linguaggi e gli stessi simboli avremo aggiunto nuove informazioni al nostro bagaglio di conoscenze e potremo acquistare i biglietti con più facilità.
Lungo discorso per arrivare a parlare di navigazione sul web: anche qui, quando si raggiungerà uniformità di concetti e di simbologie, potremo navigare molto più facilmente.
Ma forse tutto questo è solo un'illusione. Se penso che in un centinaio di anni non si è ancora arrivati ad unificare le unità di misura, non può che prendermi lo sconforto...

La logica

(14.06.2014)
Logico parlare di logica?
Credo che spesso la logica sia una parola senza senso. I ragionamenti sono spesso contorti o, forse, assenti. Le cose che si fanno risentono troppo spesso dell'improvvisazione, dei sentimenti del momento, dei preconcetti o anche, talvolta, dei pregiudizi.
Non mi riferisco, e sarebbe troppo facile, alla logica di navigazione di un sito. Mi riferisco ormai alla logica applicata a tutti i settori, dai più semplici ai più complessi, dalle cose di uso comune alle leggi più sofisticate.
Dove abbiamo lasciato la Logica? Ne studiamo troppa a scuola ma poi non sappiamo come, dove e perché applicarla?
Ma è logico che in questo mondo illogico io parli di logica?
interessante leggere qualche lezione su SAMBIN

Lo spazio

(14.06.2014)
(no, non faccio grandi voli tra gli astri, ma guardo piccoli spazi nelle vetrine di un negozio)
Ecco, passando dinnanzi a una vetrina di un libraio ho guardato con interesse i libri esposti. Poco dopo la vetrina di un altro libraio mi ha data la strana sensazione di non riuscire a leggere tutte le copertine e a fissare l'attenzione su tutti i titoli proposti.
Quale era la differenza? Perché questa sensazione?
Sono ritornato alla prima vetrina ed effetivamente vedevo tutti i titoli e potevo fermare l'attenzine su ognuno di essi.
Ho analizzato a fondo le due vetrine e vi ho trovato una differenza che mi è sembrata fondamentale.
Nella prima i libri erano tutti affiancati, anzi in alcuni casi leggermente sovrapposti soprattutto quando venivano presentate più copie dello stesso libro.
Nella seconda i libri sembravano meglio disposti perché tra uno e l'altro c'era uno spazio di poco meno della dimensione di un libro.
Mi sono reso conto che lo spazio lascia tempo all'occhio di svagarsi e di andare svolazzando su altri titoli, su altre file, su altre colonne, senza riuscire a fermarsi su nulla.
Potrei paragonarlo ad un foglio dove sono disposte tante lettere molto distanti una dall'altra sia in larghezza che in altezza: anche se ci fosse scritto qualche cosa, probabilmente sarebbe difficile leggere, mentre se le lettere sono vicine e riunite l'attenzone a legata alla parola e la si legge facilmente.
Creda che sia un materiale utile per pensare molto e anche per traporre queste sensazioni agli spazi che siamo abituati a mettere (o a non mettere o a sbagliare a mettere) sulla carta o sull'ormai onnipresente pagina internet.
1 2 3 4 5 6 7 8