Note dell'editore Fra i grandi scrittori del nostro secolo, Joseph Roth è forse quello che più di ogni altro ha conservato il gesto inconfondibile del narratore – quel favoloso personaggio che racconta storie senza fine ed è quasi l’ombra di tutta la letteratura. Con frasi nitide e lineari, scandite da un perfetto respiro, Joseph Roth ha raccontato in molti romanzi, e sotto le più diverse luci, il grande evento dell’inabissarsi del suo mondo, che era al tempo stesso l’Impero absburgico e la singolarissima civiltà ebraica dell’Europa orientale, entrambi condannati alla rovina e alla dispersione. Ma se c’è un libro che è l’emblema intatto di questo avvenimento e anche di tutto il destino del suo autore è proprio La Cripta dei Cappuccini, lucidissimo, accorato epicedio scritto da Roth esule e disperato nel 1938.
Commenti personali La tragedia della perdita della patria, ma, soprattutto, dei riferimenti che avevano accompagnato la gioventù cioè la "perdita" della guida dell'imperatore Francesco Giuseppe, sepolto appunto nella cripta.
da leggere
Possedeva l’antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia. Sapeva leggere.
(Louis Sepulveda)