Note dell'editore Pavel Ivanovic Cicikov, arrivista senza scrupoli, ma di inoffensiva apparenza, viaggia attraverso la Russia con la sua carrozza, il cocchiere Selifan e il servo Petruska per comprare a poco prezzo anime morte, i nomi dei contadini morti o fuggiti ma ancora a carico dei proprietari. Il suo diabolico piano è di servirsene per ottenere le assegnazioni di terre concesse a chi dimostra di possedere un certo numero di servi della gleba. In realtà, le vere anime morte non sono i contadini di cui Cicikov va a caccia, ma i vivi che egli incontra, i proprietari terrieri, figure grottesche e patetiche che hanno ormai cancellato la loro umanità, trasformandosi in una galleria di vizi sordidi e ripugnanti. Il romanzo è un vasto affresco della Russia rurale, una discesa agli inferi nella provincia vista come inesauribile campionario di grettezze. Tutto, in Anime morte, è sotto il segno di questa degradante mediocrità e trivialità, una meschinità presuntuosa, animalescamente avida, vanagloriosa e soddisfatta, di cui lo stesso Cicikov è campione ed emblema.
Commenti personali Il popolo delle campagne Russe è tratteggiato molto pittorescamente, non sempre si capisce se sia tutto vero o esagerato. Il protagonista è una figura molto ambigua. Quello che non si capisce è lo scopo delle anime morte. Il finale è una strana paternale morale che nulla ha a che fare con il resto del romanzo
da leggere
Possedeva l’antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia. Sapeva leggere.
(Louis Sepulveda)